Gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato”, questo recita l’articolo 14.1 del Reg (CE) n. 178/2002, ma cosa sappiamo degli alimenti ritenuti “sicuri”? Cosa li rende tali? Sono stati tutti sottoposti a studi tossicologici, clinici o di altro tipo? O solo poche categorie di alimenti (per esempio gli additivi) sono state sottoposte ad una batteria di test? E gli altri? Sono stati esclusi solo sulla base di esperienza? Cosa è necessario fare se si decide di importare un frutto comunemente consumato in Africa occidentale e consumato finora molto sporadicamente in Europa? Cosa è necessario fare se si vogliono aggiungere al pane o alla margarina dei derivati che riducono il colesterolo? Si può iniziare la produzione o sarebbe giusto venissero studiati prima di concedere la commercializzazione? Cosa bisogna fare se si vuole importare una barretta proteica dagli Stati Uniti con semi di Chia? La importo e la distribuisco o bisogna accertarsi che l’uso dell’ingrediente sia stato autorizzato?

Innanzitutto per tutelare maggiormente i consumatori è necessario studiare ed autorizzare gli “alimenti nuovi”, poi, è necessario stabilire le caratteristiche che devono avere tali alimenti per essere alimenti “autorizzati”, infine, vista la varietà degli alimenti, considerare quali sono gli alimenti di cui non si ha “esperienza”, ovvero i cosiddetti “ ”.

Novel Food, che fare?

Per “alimento”, ex art. 2 del Reg. CE 178/2002, si intende “qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani”. Il Reg. CE n. 258/97 del 27 gennaio 1997 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, all’art. 1.2, così stabilisce: “il presente regolamento si applica all’immissione sul mercato della Comunità di prodotti ed ingredienti alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità e che rientrano in una delle seguenti categorie: – prodotti e ingredienti alimentari con una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata; – prodotti e ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microorganismi, funghi o alghe; – prodotti e ingredienti alimentari costituiti da vegetali o isolati a partire da vegetali e ingredienti alimentari isolati a partire da animali, esclusi i prodotti e gli ingredienti alimentari ottenuti mediante pratiche tradizionali di moltiplicazione o di riproduzione che vantano un uso alimentare sicuro storicamente comprovato; – prodotti e ingredienti alimentari sottoposti ad un processo di produzione non generalmente utilizzato, per i quali tale processo comporti nella composizione o nella struttura dei prodotti o degli ingredienti alimentari cambiamenti significativi del valore nutritivo, del loro metabolismo o del tenore di sostanze indesiderabili.”

L’uso dei “novel food” in campo alimentare è subordinato ad una preventiva autorizzazione secondo la procedura definita dal regolamento. L’autorizzazione di un “novel food” deve essere richiesta all’Autorità competente di uno degli Stati membri, in Italia il , da parte degli operatori che volesse immetterlo in commercio, con le modalità previste dal Regolamento stesso e dalla Raccomandazione 97/618/CE della Commissione del 29 luglio 1997.

I “novel food”, secondo il Regolamento, non devono presentare rischi per il consumatore, non devono indurre in errore il consumatore, non devono differire dagli altri prodotti o ingredienti alimentari alla cui sostituzione essi sono destinati, al punto che il loro consumo normale possa comportare svantaggi per il consumatore sotto il profilo nutrizionali. L’operatore non può immettere in commercio il prodotto finché la procedura non sia conclusa con esito favorevole.

È però possibile evitare questi rigidi controlli nel caso in cui l’alimento presenti un consumo significativo in uno stato membro UE. Il regolamento è applicabile sia ai prodotti finiti che agli ingredienti, non si applica invece agli OGM, agli additivi alimentari, agli aromi, ai solventi, agli enzimi alimentari.

Due sono gli esempi di “novel food” che si possono fare per rendere l’idea. Il primo riguarda il famoso caso della Stevia rebaudiana (Bertoni) pianta che contiene naturalmente sostanze ad elevato potere edulcorante. Nel 1997 fu presentata una domanda di autorizzazione per le piante e le fogli essiccate quale “novel food”. Nel 2011 sono stati autorizzati i steviolglicosidi come edulcoranti.

Altro esempio, gli insetti, che, in qualità di prodotti di origine animale senza storia significativa di consumo in nessun paese UE, rientrano nel campo di applicazione del Regolamento in questione e non possono essere immessi sul mercato italiano.

Chi intende importare un alimento sconosciuto al mercato italiano può quindi farlo sottoponendosi alla rigida procedura di controlli previsti dalla normativa europea oppure dovrà dimostrare che la specie non sia da considerarsi “novel food”, attraverso una certificazione rilasciata da un Autorità competente di uno Stato membro UE, da cui risulti che il prodotto, per la storia di consumo maturata in tale Stato, non è da considerarsi ”novel food”, fornendo dati documentali in base ai quali si possa dimostrare la presenza sul mercato comunitaria del prodotto prima del 15 maggio 1997.

L’etichettatura del “novel food” dovrà menzionare le caratteristiche dell’alimento, corredate dall’indicazione del metodo con il quale sono state ottenute. In Italia, in generale, un “novel food” è considerato a rischio ex Reg.CE 178/2002 artt. 14 e 19.

I controlli ufficiali sono effettuati dal Ministero della Salute – Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria, Sicurezza alimentare. Come può un consumatore identificare quindi un “novel food”, anche se si trova all’estero? Sul sito della Commissione Europea è liberamente consultabile un catalogo di ingredienti in ordine alfabetico,(ec.europa.eu/), tutti etichettati come “novel food” autorizzati.

Se un ingrediente scritto in etichetta non è presente in questo elenco è necessario informarne l’autorità nazionale competente, nel caso dell’Italia il Ministero della Salute.

A cura di Agrilegal