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Associazione Difesa Consumatori APS
Non è un Paese per giovani? Questa purtroppo è la convinzione di molti. Alla luce della riforma del ministro Fornero si parla a ragione tanto di chi a breve andrà in pensione invece si parla poco di chi andrà in pensione nel 2040, 2050….
L’Isfol ci ha informati che tra i lavoratori con meno di 30 anni uno su quattro ha un lavoro atipico tra quelli che lavorano, inoltre passati due anni il 43.1% di questi lavoratori non trova un occupazione stabile e il 20% finisce senza lavoro.
Verona è una città in cui il mercato del lavoro dei giovani nel 2011 rispetto all’anno precedente presenta un deterioramento marcato: il tasso di disoccupazione dei giovani dai 15 ai 24 anni è aumentato 2% e del 3% se si allarga l’obiettivo agli under 34.
In sostanza l’attuale flessibilità si traduce più in una riduzione di tutele e costi che nella promozione di un’effettiva mobilità indotta su di una competizione su conoscenza ed innovazione. Tutto ciò rischia di accentuare la contrazione della voglia di investire sul futuro.
Nonostante la quasi totalità delle nuove generazioni dichiari di avere idee abbastanza chiare sul futuro ed essendo convinti che nei prossimi anni si ridurrà l’ampiezza della copertura pubblica per la previdenza e, sapendo che non riceveranno una pensione adeguata, la maggior parte non fa nulla per garantirsi una vecchiaia serena o perché non ha i soldi necessari o perché non ha trovato il tempo per informarsi.
Necessario disboscare la giungla dei contratti atipici e individuare un contratto prevalente di accesso la lavoro per le nuove generazioni che sicuramente può essere l’apprendistato. Le nuove generazioni non possono pedalare sempre e solo in salita. Necessario guardare la realtà anche con l’occhio della generazione che sta fra i venti e i trentacinque anni; con gli occhi dunque non dei giovani ma dei nuovi adulti, di coloro che dovrebbero avere già una stabile vita di coppia, un lavoro definito e un accesso alle professioni, un bagaglio culturale e tecnico adeguato, un percorso segnato da valutazioni di merito e non da relazioni con questo o con quello, un accesso al credito non impossibile, un accesso alla casa non impossibile, un po’ meno debito pubblico sulle spalle, qualche prima responsabilità nei luoghi dell’impresa, della ricerca, dell’amministrazione, della politica e così via.
Tutto questo non c’è, o non c’è abbastanza e così li si gioca il futuro. Alla fine, cerchiamo di stare con chi bussa alla porta e non con chi la tiene chiusa questa resta l’unica ricetta possibile.
Emiliano Galati, Segretario Generale FeLSA CISL Veneto – Federazione Lavoratori Somministrati Autonomi Atipici