Per fuggire dalla calura estiva, un cittadino veronese ha prenotato per sé e la moglie un appartamento in una struttura di San Candido in provincia di Bolzano, ma si è ammalato pochi giorni prima della partenza.
Il nostro socio aveva deciso di pernottare a San Candido da fine luglio a metà agosto e aveva fermato l’appartamento versando in marzo una caparra di € 1.300,00. Improvvisamente un giorno prima della partenza, il socio è stato ricoverato presso l’ospedale per gravi e sopravvenuti problemi cardiaci. Pochi giorni dopo, è stato operato al cuore.
Prima della partenza, la moglie ha avvisato la struttura dell’impossibilità di usufruire dell’alloggio e ha chiesto la restituzione della caparra versata.
La coppia ha dovuto rivolgersi all’associazione, in quanto i gestori dell’appartamento non hanno voluto restituire la caparra. Dopo un primo reclamo, i gestori hanno risposto che altri componenti della famiglia avrebbero potuto usufruire dell’appartamento.
Secondo un principio ormai consolidato, la coppia veronese ha diritto alla restituzione della somma versata e alla risoluzione del contratto. Infatti, nel caso di specie, trova applicazione l’art. 1463 c.c. e il contratto si risolve per impossibilità sopravvenuta della prestazione. Il principio giuridico prevede l’estinzione dell’obbligazione in caso di impossibilità sopraggiunta della finalità essenziale del contratto (finalità turistica). La Corte di Cassazione (sentenza n. 26958/2007), in riferimento ad un contratto di soggiorno alberghiero prenotato da due coniugi, uno dei quali era improvvisamente deceduto prima dell’inizio del soggiorno, ha dichiarato risolto il contratto per impossibilità sopravvenuta invocata dal cliente ed ha condannato l’albergatore a restituire quanto ricevuto a titolo di pagamento della prestazione alberghiera. Lo stesso principio può essere invocato in tutti quei casi di impedimenti sopravvenuti che rendono impossibile la realizzazione della finalità turistica, ad esempio: o infortunio del cliente prima della partenza.