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Nel corso degli ultimi mesi, ha suscitato particolare interesse la problematica concernente la vigenza delle disposizioni disciplinanti l’applicazione della tassa di concessione governativa ai contratti di abbonamento al servizio di telefonia mobile (sul punto, Telefonia mobile: la tassa di concessione governativa potrebbe essere illegittima, in questo blog, del 13 giugno 2010).
In particolare, le Tasse sulle concessioni governative trovano la propria disciplina nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641. L’art. 1, sotto la rubrica “Oggetto delle tasse”, dispone che “i provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell’annessa tariffa sono soggetti alle tasse sulle concessioni governative nella misura e nei modi indicati nella tariffa stessa”.
L’art. 21 di tale Tariffa (successivamente regolata dal D.M. 20 agosto 1992 e dal D.M. 28 dicembre 1995) individua tra gli atti soggetti alla Tassa la “licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di telecomunicazione (art. 318 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 e art. 3 del D.L. 13 maggio 1991, n. 151 …”.
Successivamente l’art. 218, comma 1, lett. s), del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), che ha recepito il principio comunitario della liberalizzazione delle telecomunicazioni, ha espressamente abrogato l’art. 318, del D.P.R. 156/1973 (richiamato dalla citata Tariffa), che, come visto, assoggettava a tassazione il contratto di abbonamento sostitutivo della cd. licenza di stazione radio.
A seguito della suddetta abrogazione, svariati Comuni hanno proposto ricorso davanti alle Commissioni tributarie al fine di ottenere il rimborso della Tassa versata in virtù dei contratti di abbonamento al servizio di telefonia mobile, deducendo, tra i vari motivi, anche tale circostanza.
Quanto agli esiti dei giudizi, sembrano essere numerose le sentenze di quelle Commissioni (tra le quali, Vicenza, Belluno, Milano, Brescia, Verona, Pordenone, Perugia) che hanno accolto i ricorsi degli Enti locali, così riconoscendo il relativo diritto al rimborso. Ad esempio, secondo Comm. trib. prov. Vicenza, Sez. X, 26 novembre 2009, n. 100, “…venendo a mancare il regime concessorio e l’art. 318 che costituiva il presupposto della tassazione del contratto di abbonamento, l’imposizione della tassa non risulta più applicabile”.
Appare evidente che, qualora tale interpretazione dovesse trovare definitiva conferma, la Tassa sugli abbonamenti al servizio di telefonia mobile dovrebbe ritenersi non applicabile anche nei confronti dei consumatori, con conseguente diritto al rimborso di quanto versato.
Più di recente, sezioni diverse della medesima Commissione vicentina, con sentenze n. 15/09/2010 e n. 55/05/2010 hanno, tuttavia, espresso un ordinamento contrario (a tale proposito, si veda Stroppa, Tassa telefonini, 2 punti al fisco, in Italia Oggi, 9 settembre 2010; comunicato stampa dell’8 settembre 2010 dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale del Veneto, in www.veneto.agenziaentrate.it; Ciuffreda, Rotundi, Concessioni governative telefonini. La Ctp conferma: Comuni debitori, in www.nuovofiscooggi.it).
Secondo tali Giudici, l’approvazione del Codice delle comunicazioni non avrebbe inciso sull’applicabilità della Tassa di concessione governativa, considerato anche che il suo fondamento normativo andrebbe individuato nel combinato disposto di cui agli articoli 3, del D.L. 13 maggio 1991, n. 151 e 3 del D.M. 13 febbraio 1990, n. 33 (secondo cui “spetta alla società concessionaria … provvedere al rilascio all’utente del documento che attesta la sua condizione di abbonato al servizio; tale documento, che sostituisce a tutti gli effetti la licenza di stazione radio …”).
Peraltro, secondo i Giudici, l’assoggettamento alla Tassa riguarderebbe, sia atti ed attività assoggettati a concessioni, sia atti ed attività sottoposti ad autorizzazione e, pertanto, la sua applicazione non potrebbe essere esclusa dal venir meno del regime concessorio proprio del D.P.R. 156/1973 (sul punto, si vedano Ciuffreda, Rotundi, Concessioni governative, cit., i quali, peraltro, evidenziano che una conferma della vigenza della Tassa e dell’art. 21 della Tariffa sarebbe rappresentata dalle disposizioni della Finanziaria per il 2008 che, nel modificare il citato art. 21, ha esteso ai non udenti l’agevolazione già prevista per i non vedenti).
Nonostante tale ultimo orientamento giurisprudenziale, la questione resta aperta, considerato anche che essa è approdata davanti alla Corte di Giustizia europea (causa C-492/09) a seguito del rinvio operato dalla Commissione tributaria provinciale di Taranto.
Varie le questioni sottoposte alla Corte, tra cui quella “se la Tassa di Concessione Governativa italiana, determinando un incremento dei costi in capo agli utilizzatori del servizio di telefonia mobile che sottoscrivono contratti di abbonamento ne scoraggia l’ingresso nel mercato italiano impedendo, a danno dei consumatori nazionali, la formazione di un mercato concorrenziale in violazione dei principi contenuti nella Direttiva 2002/21/CE”; o, ancora, “se è compatibile con i principi contenuti nella Direttiva 2002/21/CE … il fatto che la Tassa di Concessione Governativa italiana sia dovuta dai soggetti titolari di un contratto di abbonamento e non anche da quelli che utilizzano carte ricaricabili” (cfr. http://eur-lex.europa.eu).
A tutt’oggi, non è ancora intervenuta alcuna pronuncia da parte delle Corte in quanto il relativo dibattimento dovrebbe essere avviato non prima di marzo 2011 (in tal senso, si veda veda Stroppa, Tassa telefonini, cit.).
In conclusione, nonostante l’orientamento, di recente, espresso dalla Commissione tributaria di Vicenza, appare opportuno proporre tempestivamente all’Agenzia delle Entrate un’istanza di rimborso della Tassa di concessione governativa pagata per l’abbonamento al servizio di telefonia mobile, relativamente alle ultime tre annualità. Tale istanza impedisce il maturarsi di una decadenza, consentendo ai consumatori di ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate qualora fosse definitivamente accertata l’illegittimità dell’imposizione.
D.C.
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