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«Salvare le banche senza cambiare le governance è come salvare l’Europa senza cambiare l’architettura istituzionale. Siamo in bilico. Tutto parte dal concetto di attese deboli che rifluiscono, nel loro prolungamento, nella nuova normalità (new normal). La fine cioè della crescita della produttività e del benessere per tutti accompagnata dall’annuncio di bolle esplosive e devastatrici che si sono puntualmente verificate». Così Alberto Berrini ci introduce al suo libro Una tempesta senza fine edito da ed. Lavoro.
La nuova normalità altro non è che la prospettiva di un futuro frugale fatto di aspettative al ribasso. Con, in più, una turbolenza strutturale sui mercati del lavoro (non si osa più parlare di pieno impiego ma neppure di ripartizione del lavoro). Non c’è spazio neppure per altri profitti e dividendi che, invece, ci sono fin troppo per quell’1% della popolazione che non cessa di arricchirsi a danno del restante 99%. Si naviga a vista, cercando di affrontare al meglio ogni singola tempesta che si incontra sulla propria rotta, peraltro tutt’altro che definita. Berrini ci spiega che l’impatto della crisi finanziaria sull’economia reale si fa ogni giorno più preoccupante non solo perchè l’insostenibilità sociale del liberismo era purtroppo nota. Quella economica ci ha sicuramente sorpreso, almeno per la sua gravità. Con il pesante deterioramento dell’economia Berrini ci offre l’occasione per ridiscutere l’odierno modello di sviluppo ed evidenziarne le contraddizioni: un capitalismo più equo e sostenibile e meno instabile è sicuramente possibile. Lo chiama “capitalismo associativo”, intendendo con questo una “riforma dal basso” che scommette sulla società come protagonista fondamentale in quanto soggetto in grado di produrre ma anche di ridistribuire ricchezza. Per quanto riguarda l’ambito finanziario, non si tratta solo di regolare la finanza ma anche di “democratizzare” la finanza, che è la via maestra da seguire per riformare il capitalismo. Qui Berrini sposta l’obiettivo sulla politica e il ruolo dell’Europa: «si dice che il nuovo trattato, pronto fra un paio di mesi, ci darà un’unione fiscale. Senza tasse europee e senza Unionbonds? Dunque un Tesoro europeo senza il tesoro? E un governo intergovernativo? Dunque un governo senza governo? E infine un’unione di Stati democratici senza democrazia sovranazionale? Una pars destruens senza pars construens: ecco il risultato del vertice di Bruxelles. Si sono distrutte le sovranità nazionali senza costruire la sovranità democratica europea. Siamo in bilico e l’equilibrio non può reggere».
È solo compito della politica far pendere la bilancia dalla parte giusta.
di Emiliano Galati