Se esiste una segnalazione negativa a carico del consumatore circa la sua affidabilità finanziaria, l’interessato ha sempre il diritto di conoscerne l’esistenza, e di accedere, in modo pieno e tempestivo, agli atti e ai dati che lo riguardano.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con un’importante sentenza (n. 349/2013) a garanzia della massima trasparenza nei contratti di ai consumatori e, più in generale, di finanziamento personale.

Spesso, infatti, accade che il consumatore che abbia stipulato un contratto di finanziamento si porti dietro, senza nemmeno saperlo, una segnalazione negativa circa la sua affidabilità finanziaria, in altre parole una segnalazione circa il rischio di inadempimento del consumatore stesso, inoltrata da chi, nei suoi confronti, abbia erogato o mediato il credito. L’esistenza di una segnalazione negativa a suo carico può comportare, per il consumatore, il rifiuto da parte degli istituti di credito di erogare i finanziamenti richiesti.

Ecco perché, secondo la Corte di Cassazione, è particolarmente importante garantire che il consumatore possa ottenere agevolmente tutte le informazioni sulla sua situazione creditizia. Pertanto, il titolare del trattamento dei dati ha l’obbligo di adottare tutte le misure idonee a consentire l’accesso tempestivo e senza ostacoli ai dati personali da parte dell’interessato, anche tramite l’impiego di appositi programmi informatici finalizzati alla selezione dei dati e a ridurre i tempi di risposta al richiedente.

In altre parole, a semplice richiesta dell’interessato, il gestore della banca dati ha l’obbligo di mostrare – e, se necessario, stampare e consegnare – il dossier sulla situazione creditizia del consumatore, e la risposta deve arrivare nel termine massimo di 15 giorni. Inoltre, il riscontro non può limitarsi ad una risposta affermativa o negativa circa la presenza di un dossier o di una procedura di contenzioso, ma deve comprendere il contenuto integrale delle informazioni relative al consumatore in possesso del gestore della banca dati.