Presso l’Università di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Verona si è tenuto il convegno LA GESTIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO: PROSPETTIVE E PROBLEMATICHE TRA RICORSO AL MERCATO E GESTIONE PUBBLICA promosso dall’Università di Verona, dal Comitato Acqua Bene Comune e da Ingegneria senza Frontiere.
Il dibattito sulla gestione del servizio idrico è molto accesso. L’attuale decreto Ronchi ha creato incertezze, contraddizioni e risulta comunque insufficiente a creare un’organizzazione sistematica della gestione. Dal convegno emerge la necessità di riesaminare la normativa che impone la privatizzazione del servizio, anche al fine di consentire alle attuali gestioni efficienti di continuare l’attività o di ripensare ad un nuovo modello di gestione attraverso enti di diritto pubblico. E’ auspicabile una moratoria sull’applicazione del decreto per sospendere il processo di privatizzazione e lo smantellamento degli Aato. Si ritiene necessario impiegare maggior tempo per la discussione sull’argomento in attesa dell’esito del referendum abrogativo, per il quale si sono raccolte 1.400.000 firme di cittadini italiani e delle decisioni della Corte costituzionale sui ricorsi per conflitto di attribuzione sollevati da cinque Regioni italiane.

Apertura del convegno e indirizzi di saluto della Prof.ssa Bettina Campedelli Prorettore Ateneo di Verona
moderatore: Prof. Franco Cecchi – Ordinario di impianti chimici
Interventi:
Prof.ssa Donata Gottardi – Direttore Dipartimento Scienze Giuridiche – L’acqua come bene comune nella prospettiva del diritto europeo
Non esiste a livello comunitario una politica comune sui beni comuni. In particolare, non si trova una categorizzazione di bene comune. Gli Stati membri sono, quindi liberi di scegliere la politica più idonea.
Di seguito alcune importanti decisioni comunitarie con riferimento al bene comune acqua.
1. Con la risoluzione del 2006, il Parlamento europeo dichiarò l’acqua bene comune dell’umanità e chiese alla Commissione di portare la posizione al IV forum mondiale sull’acqua. La Commissione, tuttavia, non lo farà.
2. L’art. 17 della direttiva sulla liberalizzazione dei servizi stabilisce che la libera prestazione dei servizi non si applica nella gestione del sevizio idrico (si tratta, pertanto, di un’eccezione). Si discute ancora molto sulla distinzione tra servizi economici di interesse generale, cui si applica la direttiva liberalizzazioni, e servizi non economici. Sembrerebbe che per l’Ue il servizio idrico sia a rilevanza economica, proprio in quanto è prevista dalla direttiva l’eccezione al principio della libera prestazione dei servizi.
Gli Stati membri non sono obbligati a liberalizzare la gestione del servizio idrico, ma possono attuarla.

Dott. Andrea Guerrini – Università di Verona – Fattori che influenzano la performance nella gestione dell’acqua in Italia
Presenta l’indagine compiuta dal Dipartimento scienze economiche dell’Università di Verona dalla quale emergono i seguenti risultati:
1. la performance di gestione non dipende dalla circostanza che si tratti di un’azienda pubblica o privata occupata nella gestione del servizio idrico;
2. con riferimento alle economie di scale, è risultata maggiormente efficiente una gestione di grandi dimensioni;
3. in relazione alle economie di scopo, conviene una multiutilities (gestione del servizio acqua unitamente a fognatura e depurazione);
4. l’indagine ha mostrato che guadagna maggiormente un’azienda mista privata, rispetto a quella pubblica, anche perchè impone tariffe più elevate;
5. ragionando sull’efficienza: l’incidenza del lavoro sul fatturato è più bassa nella aziende pubbliche. L’indebitamento è più elevato nelle aziende miste con lo scopo di spingere sulla redditività. Gli investimento sono minore nelle aziende miste.
Si sottolinea la differenza tra privatizzazione e liberalizzazione. Il servizio idrico si può privatizzare, ma non liberalizzare, in quanto l’acqua è un monopolio naturale. Come si può liberalizzare?

Prof. Antonio Massarutto – Università di Udine – L’economia dell’acqua: gestione pubblica o privata del bene comune?
Fino ad oggi abbiamo coperto con le tariffe solo 1/3 dei costi di gestione; il resto è stato pagato dalla fiscalità generale.
Con la privatizzazione la proprietà dell’acqua rimane pubblica. Solo la gestione viene ripartita con soggetti privati. L’acqua rimane della collettività.
Non è possibile che le aziende continuino ad indebitarsi. E’ necessario che ci sia un soggetto credibile che chiede finanziamenti alle banche.
Emerge un problema di solidarietà intergenerazionale: se le tariffe approvate oggi coprono solo i costi operativi non è possibile accantonare denaro per futuri investimenti.
Il referendum rischia di togliere la possibilità di operare anche per le aziende pubbliche.

Dott. Marco Manunta – Magistrato del tribunale di Milano – Prospettive per una gestione completamente pubblica
Il diritto all’acqua comprende l’accesso, il quale si fa attraverso la gestione del servizio.
La normativa Ronchi risulta incoerente ed inefficiente, nonché contraria a norme europee e costituzionali. Si tratta di assecondare interessi economici che hanno puntato gli occhi sull’acqua.
Possono gli enti ancora gestire il servizio liberamente?
1. Trattato di Lisbona – prot. n. 26 – prevede il ruolo essenziale degli enti locali con un ampio riconoscimento delle autonomie locali. Il decreto Ronchi entra in conflitto con il principio comunitario, che deve prevale sul diritto interno;
2. art. 114 cost. sancisce l’autonomia amministrativa degli enti locali;
3. Corte Cost. sentenza n. 282/04 – La distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico. Non si può stabilire a priori quali servizi abbiamo rilevanza economica.
4. Cons. Stato settembre 2000 – applica i principi suddetti in caso di gestione delle mense scolastiche e ribadisce l’impossibilità di una classificazione oggettiva tra servizi economici e non economici.
Gli enti locali sono ancora liberi di scegliere come gestire il servizio idrico.

Prof. Giancarlo Corò – Università “Cà Foscari” di Venezia – Gestione e regolazione del servizio idrico nel contesto veneto
La liberalizzazione migliora le economie di scala. Dove c’è concorrenza c’è maggiore efficienza. Fino ad oggi i costi di gestione si sono sostenuti con la fiscalità generale, il debito pubblico e il debito infrastrutturale.
Il servizio deve essere sottoposto a regolazione pubblica con le seguenti funzioni:
– Sistema tariffario
– Schema dei bandi di gara
– Monitoraggio della qualità
– Vigilanza sugli affidamenti
– Tutela degli utenti e soluzione delle controversie
La gestione deve essere industriale. Le banche sono oggi i veri proprietari delle utilities pubbliche che hanno in mano il 50% delle passività delle aziende. Le attuali gestioni in house non sono efficienti. Esse incentivano a ridurre gli investimenti per tenere basse le tariffe e sono assoggettate al atto di stabilità.
Le attuali competenze degli Aato dovranno essere attribuite alle Regioni.

A cura di Silvia Caucchioli