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Associazione Difesa Consumatori APS
Il termine “pesticidi”, usato anche come sinonimo di fitosanitari o agrofarmaci, indica quei prodotti di sintesi che vengono utilizzati in agricoltura convenzionale per proteggere le colture ed impedire che vengano compromesse da malattie ed infestazioni.
Nella categoria dei pesticidi sono ricompresi:
1. anticrittogamici (che contrastano le malattie e/o alterazioni da funghi e batteri);
2. nematocidi, insetticidi e acaricidi (che combattono insetti e altri animali dannosi);
3. diserbanti ed erbicidi (che eliminano le malerbe);
4. fitoregolatori (ormoni vegetali ed assimilabili);
5. radicanti e bracchizzanti (che rallentano lo sviluppo della pianta al fine di irrobustirla).
Le sostanze attive usate nei prodotti fitosanitari sono le sostanze chimiche o microrganismi, compresi certi virus, che rappresentano il costituente fondamentale del prodotto. Una buona parte delle attività di valutazione del rischio nel settore dei pesticidi è incentrata proprio su tali sostanze attive.
A livello europeo esiste un’importante legislazione che disciplina la commercializzazione e l’impiego di tali prodotti e dei loro residui negli alimenti e nell’ambiente. La direttiva 91/414/CEE è relativa all’autorizzazione, immissione in commercio, utilizzazione e controllo nella Comunità dei prodotti fitosanitari. La direttiva prescrive che i prodotti fitosanitari possono essere immessi in commercio ed utilizzati sul territorio soltanto se il prodotto in questione è stato autorizzato dallo stato membro in cui viene utilizzato, e viene utilizzato conformemente alle disposizioni della direttiva e correttamente.
Un uso corretto comporta il rispetto di tutte le condizioni previste sull’etichetta e l’applicazione dei principi della buona pratica fitosanitaria nonché, ogni qualvolta possibile, della lotta antiparassitaria integrata. Dunque l’Unione Europea presenta una normativa che, nei principi, vorrebbe evitare l’uso di pesticidi il più possibile e predilige soluzioni di agricoltura integrata, che prevedono un uso coordinato dei fattori di produzione al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’attività agricola.
Tutte le questioni relative ai livelli massimi di residui di antiparassitari nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale e animale sono disciplinate dal Regolamento CE n. 396/2005 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 febbraio 2005, con le sue successive modifiche, che nel suo articolo 1, così stabilisce: “Il presente regolamento stabilisce, conformemente ai principi generali enunciati nel regolamento (CE) n. 178/2002, in particolare la necessità di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori, disposizioni comunitarie armonizzate relative ai livelli massimi di residui di antiparassitari nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale e animale.”
Nel frattempo, un nuovo regolamento che riguarda questo campo è stato pubblicato, il Reg. (CE) n. 1107/2009 del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, che ha abrogato la direttiva del Consiglio 91/414/CEE ed è entrato in vigore dal 14 giugno 2011. Ecco cosa viene stabilito all’articolo 1: “…scopo del presente regolamento è di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell’ambiente e di migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l’armonizzazione delle norme relative all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, stimolando nel contempo la produzione agricola… Le disposizioni del presente regolamento si fondano sul principio di precauzione al fine di garantire che le sostanze attive o i prodotti immessi sul mercato non abbiano effetti nocivi per la salute umana o animale o l’ambiente. In particolare, non si impedisce agli Stati membri di applicare il principio di precauzione quando sul piano scientifico vi siano incertezze quanto ai rischi che i prodotti fitosanitari che devono essere autorizzati nel loro territorio comportano per la salute umana e animale o l’ambiente.”
Ma cosa comporta l’uso di pesticidi per chi li usa e per chi si trova, suo malgrado, a convivere con vicini che ne fanno un uso intensivo? Una delle conseguenze dell’uso dei pesticidi è il cosiddetto fenomeno della “deriva”. È risaputo che i trattamenti con i pesticidi comportano rischi a carico degli operatori, a causa dell’esposizione diretta alle sostanze, e anche per l’ambiente circostante e per le persone che lo abitano, soprattutto a seguito della potenziale contaminazione delle acque superficiali e profonde, dell’aria e del terreno.
Tale fenomeno dipende dalle parti di fitofarmaco che vengono disperse nell’ambiente vicino. Secondo la Norma ISO 22866, che sancisce la modalità di misura della deriva in campo, “con il termine deriva si intende il movimento del fitofarmaco nell’atmosfera dell’area trattata verso qualsivoglia sito non bersaglio, nel momento in cui viene operata la distribuzione”. Un altro testo, la Direttiva europea sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari COM (2006) n. 373, prevede l’adozione di specifici provvedimenti per il contenimento della deriva, che sono:
ispezione periodica delle attrezzature per l’applicazione dei prodotti ad uso professionale,
divieto di ricorrere all’irrorazione aerea,
designazione di zone sensibili a ridotto o nullo utilizzo di pesticidi (zone di rispetto),
corretta gestione e stoccaggio dei pesticidi,
adozione di programmi di formazione sulla regolazione delle attrezzature.
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