Continua la discussione circa il diritto del consumatore di ordinare nei ristoranti e nei locali pubblici l’acqua del rubinetto al posto di quella imbottigliata.
Pretendere di bere acqua proveniente dall’acquedotto anche fuori dalla nostra abitazione non è un capriccio inutile. Oltre all’essere buona e controllatissima, l’acqua è un bene pubblico e non può essere monopolio esclusivo di imprese imbottigliatrici. L’uso dell’acqua del rubinetto si inserisce in un programma di politica ambientale di cui non si può non tenere conto. Il business dell’acqua in bottiglia alimenta infatti un grande spreco di risorse, fatto di caterve di plastica da smaltire e di emissioni di anidride carbonica necessarie per il suo trasporto.


Siccome alla richiesta di poter bere l’acqua in brocca, spesso riceviamo dal ristoratore scuse o pretesti per non servircela, segnaliamo alcuni utili e validi argomenti con cui ribattere alle obiezioni. Questi consigli sono tratti dalla campagna “Imbrocchiamola”, nata nel luglio 2007 da un’idea dell’associazione “I ConsumAttori” di Firenze e sono appoggiati anche dal mensile Altreconomia (si può visitare il sito www.imbrocchiamola.org).
Ogni esercizio commerciale che serve alimenti deve disporre di acqua potabile, altrimenti non potrebbe lavorare. Ciò è inoltre attestato anche dall’Autorizzazione igienico sanitaria (riforma norm. L.283/62 e Reg. Comunitario 852/2004) senza cui non è possibile aprire un bar o u n ristorante.
Non esiste alcun obbligo specifico di legge che imponga di vendere acqua minerale in bottiglia.
Nessun locale può rifiutare di offrire acqua di rubinetto, si può invece discutere se tale servizio vada pagato o meno, infatti potrebbe essere incluso nel ‘coperto’, come è sempre stato.
Il poter bere l’acqua del sindaco è un diritto per tutti, non ci si può rassegnare al non esercitarlo.