Negli ultimi mesi migliaia di italiani si sono mobilitati per una causa verso cui hanno dimostrato di tenere molto: firmare per il referendum sulla ripubblicazione dell’acqua. Un milione di firme sono state già raccolte per abrogare la riforma legislativa prevista dal “decreto Ronchi”, che mira a dettare una nuova serie di norme sui servizi pubblici locali.
Considerata la serie di proteste e dissensi che la proposta legislativa ha provocato, il Ministro Ronchi, che ha il mandato per le Politiche Comunitarie, si è sentito in dovere di fare chiarezza a suo modo. Ha dato infatti il via ad una sorta di operazione verità, intitolata “Acqua le ragioni dell’intervento”, un decalogo di “veri” e “falsi” riguardo la Legge, in cui spiega ed elenca le ragioni della riforma.
Le critiche gli sono state mosse dai referendari, dai movimenti dell’acqua bene comune e da tutti i difensori del servizio pubblico.
Alle ragioni presentate dal ministro nel suo comunicato ha risposto il Forum dei Movimenti per l’acqua, smentendo ogni “verità” presentata per fare chiarezza e difendere il decreto, e dimostrando che questo decalogo ministeriale è imperniato di una pura ideologia degna di una multinazionale.
Vediamo dunque brevemente come si articola questa difesa presentata dal Ministro.
Dopo aver specificato che l’obiettivo principe della riforma è quello di rendere più aperto e competitivo il settore dei servizi pubblici e che non c’è nulla contro la gestione pubblica, il ministro risponde con le sue verità alla obiezioni più frequenti che gli vengono mosse.


Innanzitutto viene precisato che il decreto non privatizza l’acqua, ma a cambiare sarà solo il modo con cui verrà individuato dai Comuni il gestore del servizio idrico, cioè attraverso affidamenti di pubbliche gare, aperte a società di ogni tipo, senza distinzione di categoria. Sarà quindi ancora possibile la gestione in house, cioè in affidamento pubblico. Si sottolinea poi come un intervento nel settore fosse necessario, soprattutto da parte di privati, garanzia di competenza e capacità e che tale azione di sviluppo risulterà favorita e incentivata. Viene affermato che le tariffe non aumenteranno indiscriminatamente, ma che anzi il costo reale del servizio diminuirà e sarà proporzionato al personale consumo. E’ ribadito che l’acqua resta un bene accessibile a tutti. Da ultimo si sostiene che il controllo sulla gestione delle risorse idriche sarà regolamentato da numerose modalità di verifica e che non è vero che mancherà la vigilanza.
La risposta del Forum dei Movimenti per l’acqua non si è fatta attendere, sentendo il dovere di fare chiarezza verso quella che viene considerata una legge mal strutturata e incompleta. Le ragioni addotte dal Ministro sono considerate come pure chiacchiere per provare a giustificare una riforma che ha come unico scopo la privatizzazione. Nella legge non c’è in sostanza né riordino legislativo né apertura ad un dibattito aperto.
Al Ministro viene innanzitutto controbattuto che il suo decreto non può aprire il mercato alla concorrenza, come sostiene, in quanto il servizio idrico è un monopolio naturale. Viene poi evidenziato come tra il tipo di gestione pubblica e privatistica vi sia differenza. Se l’una mira a soddisfare gli interessi e i diritti della collettività, l’altra ha come scopo quello di ottenere il massimo profitto. Il decreto Ronchi mira poi a ridimensionare perentoriamente la presenza di Spa a totale capitale pubblico. Affinché il servizio idrico sia ancora affidato a loro, l’iter da superare sarà pieno di difficoltà, dovendo anche passare attraverso il parere preventivo dell’Antitrust e con il risultato che le società pubbliche si troveranno ad acquisire per di più un ruolo assolutamente residuale. Non è poi vero che con il decreto sarà incentivato un nuovo programma di investimenti con tariffe più basse. Per far ripartire un piano di sviluppo nel settore è infatti necessario un Piano nazionale straordinario basato su un’opportuna strategia di finanza pubblica che lo supporti. L’ ultima critica riguarda l’acqua come bene. Non è affatto certo che è e resterà accessibile a tutti. Già oggi in Italia 8 milioni di cittadini non fruiscono di un sicuro e dignitoso accesso all’acqua potabile: c’è il concreto rischio che questo numero sia destinato a salire. – Daniele Padovani –