«Proponiamo dieci riforme da effettuarsi a costo zero senza cioè l’impiego di soldi pubblici, ma utilizzando ciò che già a disposizione della macchina statale e alcune singolari iniziative che serviranno per far ripartire il nostro paese. Si deve delineare una visione di futuro possibile per le generazioni future».

Così c’introduce al tema il professor , direttore del corso di economia del lavoro alla Bocconi di Milano e autore assieme a Pietro Garibaldi del libro “Le Riforme a costo zero – dieci proposte per tornare a crescere”. Fortunatamente – sostengono gli autori vi sono riforme efficaci di natura esclusivamente normativa: il saggio ne propone ben dieci in circa 150 pagine.

Con questa impostazione gli autori riescono a toccare gli argomenti più vari, rendendo il saggio interessante per le sensibilità più varie, ma devono sacrificare qualcosa all’approfondimento dei temi trattati. Questo è il principale limite del saggio: non tutti i giudizi, le proposte o le previsioni sono argomentate a sufficienza.

Questi gli interventi auspicati dagli autori:

1. Investire nell’immigrazione. La immigratoria italiana deve essere volta a selezionare gli ingressi: favorendo variamente l’ingresso dei lavoratori a maggior capitale umano.

2.Decentramento della contrattazione collettiva. I contratti di lavoro dovrebbero rispecchiare le condizioni produttive delle varie imprese.

3. Riforma delle pubblica amministrazione. Gli autori riconoscono al ministro Brunetta di aver attuato, al tempo del governo Berlusconi, un serio sforzo di riforma della pubblica amministrazione. Tuttavia gli contestano l’efficacia dei principi ispiratori della riforma.

4. Apprendistato universitario. Si lamenta l’inefficienza delle scuole professionali e di avviamento al lavoro in Italia, nonché di molti corsi di laurea che offrono minimi sbocchi lavorativi.

5.Incentivo al lavoro femminile. Il maggiore bisogno delle famiglie in cui un coniuge non ha un impiego è affrontato dalla legislazione tributaria con delle detrazioni.

6. Riforma delle professioni. Gli ordini dovrebbero invece garantire il rispetto dei condici deontologici e  la preparazione degli iscritti attraverso una selezione rigorosa ed efficace, che è invece spesso arbitraria.

7.Riforma delle pensioni. Un plauso all’arrivo del sistema contributivo.

8. Rifoma del sistema del credito. Si propone, per accrescere l’offerta di credito alle imprese, di impedire alle istituzioni finanziarie di possedere partecipazioni incrociate, di possedere partecipazioni rilevanti in società industriali e in organismi di investimento collettivo del risparmi.

9. Riforma della politica. Per gli autori necessario ridurre il numero dei politici di professione. Ciò consentirebbe di risparmiare e di accrescere la qualità tecnica degli eletti.

10. Voto ai sedicenni. Infine, dal momento che i giovani sono in particolare vittime delle istituzioni inefficienti che il saggio intende riformare, si propone che il voto sia esteso ai sedicenni, perché il blocco sociale a favore del cambiamento risulti irrobustito.

Per il professore de lavoce.info il nostro paese è entrato in recessione. Sono periodi in cui vengono distrutti molti posti di lavoro.  Soprattutto tra chi ha contratti temporanei, dato che non costa nulla al datore di lavoro non rinnovarli alla scadenza. In queste condizioni ci vogliono buoni ammortizzatori sociali e buoni servizi di collocamento che facilitino il compito di chi cerca un impiego alternativo. Sedici anni dopo l’ultima grave recessione, stiamo arrivando a questa crisi una volta di più impreparati. Boeri lancia un’accusa al Governo Monti: «è strano che il governo pensi a come dare più soldi all’industria dell’auto piuttosto che a riformare ammortizzatori sociali e il sistema di collocamento. E quando il lavoro non c’è servirebbe una rete di ammortizzatori sociali. Soprattutto per quei lavoratori disoccupati maltrattati e ignorati cioè i no-standard o meglio ancora precari… ».

Qualche numero chiarisce la situazione anomala dell’Italia: in Francia il 75% dei disoccupati percepisce un qualche sussidio; in Germania si arriva all’80 e nei Paesi scandinavi al 90. In Italia si fatica a raggiungere il 20%.

Boeri chiude con un auspicio sul fatto che «l’economia e la finanza pubblica italiane hanno bisogno di grandi riforme strutturali, e il governo aveva correttamente individuato quattro aree di intervento prioritarie: sanità, pubblico impiego, enti territoriali e previdenza. Solo tagliando gli sprechi e frenando la crescita della spesa corrente si può coniugare risanamento e sviluppo».

Insomma la politica economica italiana deve al più presto indicare una rotta riformatrice.

Emiliano Galati