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Associazione Difesa Consumatori APS
Sono stati depositati mercoledì 31 marzo presso la Corte di Cassazione di Roma i quesiti per i tre referendum che chiedono l’abrogazione di tutte le norme che hanno aperto le porte della gestione dell’acqua ai privati e fatto della risorsa bene comune per eccellenza una merce.
La raccolta delle 500 mila firme necessarie per l’ammissione dei referendum inizierà nel fine settimana del 24-25 aprile, una data simbolo per quella che il Forum dei Movimenti per l’Acqua intende come la Liberazione dell’acqua dalle logiche di profitto.
Il primo quesito referendario propone di fermare la privatizzazione dell’acqua, in particolare, si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (12 commi) della legge 166/2009 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Si tratta dell’ultima normativa approvata dall’attuale Governo, con cui si mettono definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 Ato (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%.
Il secondo quesito vuole aprire la strada della ripubblicizzazione. Si propone l’abrogazione dell’art. 150 del decreto legislativo 152/2006 (anche detto codice dell’ambiente), relativo alla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato. L’articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico integrato la gara o la gestione attraverso società per azioni a capitale misto pubblico privato o a
capitale interamente pubblico.
Il terzo quesito ha come obiettivo eliminare i profitti dal bene comune acqua. In particolare, si propone l’abrogazione dell’articolo 154 del decreto legislativo 152/2006, limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito.
Silvia Caucchioli